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Uso del tetto comune ed impianto fotovoltaico. L’art. 1102 c.c.: l’uso individuale delle parti comuni e i suoi limiti.

Il tetto di un edificio, salvo diversa disposizione del titolo, è parte di proprietà comune.

L’ineliminabile funzione di copertura, oltre che l’espressa menzione dello stesso nell’art. 1117 c.c. tolgono adito ad ogni dubbio.

Naturalmente se il condominio, per la sua conformazione, ha più tetti, ognuno di questi sarà di proprietà di condomini che ne traggono utilità (il così detto condominio parziale). Stesso discorso per il lastrico solare, che non sia di proprietà esclusiva.

L’uso esclusivo del lastrico, invece, incide sulle possibilità d’uso per i proprietari dello stesso (i condomini), in quanto ne riserva lo stesso ad uno solo o ad un gruppo di condomini, sulla ripartizione delle spese (art. 1126 c.c.) ed, in parte, sulle responsabilità per omessa manutenzione.

Chiarito ciò, se ne può dedurre che solo il lastrico di proprietà ed uso comune a tutti i condomini può essere utilizzato dal singolo o dalla compagine condominiale per ulteriori funzioni rispetto a quella di copertura.

La domanda che si ci è posti molto spesso in merito all’uso del tetto/lastrico è la seguente: è possibile usarlo per l’installazione di pannelli fotovoltaici? Vale la pena rispondere separatamente alle due opzioni uso individuale della cosa comune e uso deciso dall’assemblea.

Quanto all’uso che ogni singolo comproprietario può fare del tetto (e più in genere di ogni cosa comune) la norma di riferimento è l’art. 1122-bis c.c. introdotto nel codice civile dalla legge n. 220 del 2012 e che, nella sostanza, altro non rappresenta che una specifica regolamentazione dell’uso di parti comuni ai fini dell’installazione – come recita la rubrica – di Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili. Rispetto alla ratio di questa norma, dunque, possiamo certamente fare riferimento alla giurisprudenza sviluppatasi prima della sua entrata in vigore in relazione all’art. 1102 c.c.

In relazione all’uso dei beni comuni a fini personali (art. 1102 c.c.), la Corte di Cassazione ha più volte ribadito che «in considerazione della peculiarità del condominio degli edifici, caratterizzato dalla coesistenza di una comunione forzosa e di proprietà esclusive, il godimento dei beni, degli impianti e dei servizi comuni è in funzione del diritto individuale sui singoli piani in cui è diviso il fabbricato: dovendo i rapporti fra condomini ispirarsi a ragioni di solidarietà, si richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione, dovendo verificarsi – necessariamente alla stregua delle norme che disciplinano la comunione – che l’uso del bene comune da parte di ciascuno sia compatibile con i diritti degli altri (v. Cass. 30 maggio 2003 n. 8808; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4617; 24 giugno 2008 n. 17208; Cass. 9 giugno 2010 n. 13879). […] Con riferimento al condominio la norma consente, infatti, la più intensa utilizzazione dei beni comuni in funzione del godimento della proprietà esclusiva, purché il condomino non alteri la destinazione del bene e non ne impedisca l’altrui pari uso. In altri termini, l’estensione del diritto di ciascun comunista trova il limite nella necessità di non sacrificare ma di consentire il potenziale pari uso della cosa da parte degli altri partecipanti (v. Cass. 1 agosto 2001 n. 10453; 14 aprile 2004 n. 7044; Cass. 6 novembre 2008 n. 26737; Cass. 18 marzo 2010 n. 6546).» (Cass. 21 dicembre 2011, n. 28025).

In sostanza se l’apposizione di pannelli fotovoltaici sul lastrico o sul tetto non impedisce questo o diversi usi agli altri condomini, o anche alla stessa collettività condominiale, non reca pregiudizio alla sicurezza e stabilità dell’edificio e non ne lede il decoro architettonico, non v’è dubbio che tali pannelli possano essere installati. Quanto al decoro va detto che l’alterazione della fisionomia dello stabile deve sostanziarsi in un pregiudizio di carattere economico (es. deprezzamento del valore dell’immobile).

Cosa aggiunge a questi principi, ovvero in cosa è necessaria una loro rilettura alla luce dell’art. 1122-bis c.c. specificamente dedicato anche all’installazione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile?

Nulla o meglio, nulla se non ci sono modificazioni da eseguire (sull’argomento si veda in fondo all’articolo). La norma specifica che non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative.

Al riguardo, a parere di chi scrive, la norma di riferimento è l’art. 26, secondo comma, legge n. 10/91 che recita: “per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea”.

In sostanza, laddove ne sia dimostrata la convenienza, il legislatore prevede, per quella che deve essere considerata una vera e propria innovazione, un quorum deliberativo molto basso. In assenza di tale diagnosi, si applica integralmente l’art. 1120 c.c. e quindi l’installazione necessita del voto favorevole della maggioranza dei presenti e almeno la metà del valore millesimale dell’edificio.

Vale anche per questa ipotesi quanto detto per l’uso individuale in merito a sicurezza, stabilità e decoro architettonico. In tal caso l’azione giudiziaria dovrebbe essere autorizzata dall’assemblea con una deliberazione adottata con le maggioranze di cui al secondo comma dell’art. 1136 c.c. (si veda art. 1136, quarto comma, c.c.).

Infine, è utile specificare a quanto accennato in merito al ruolo dell’assemblea in relazione all’uso individuale all’installazione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile. Come si diceva prima, nessun potere autorizzativo è dato al consesso assembleare: il condòmino ha diritto di fare nei limiti indicati.

Tuttavia, se la posa in opere degli impianti necessita di modifiche delle cose comuni, allora deve darne notizia all’amministratore e questi, come prescritto dall’art. 1122-bis c.c., all’assemblea, la quale «può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto comma dell’articolo 1136, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio e, ai fini dell’installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto».

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