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Si può delegare l’amministratore in assemblea?

Il conferimento di deleghe di voto in assemblea all’amministratore è stato senza eccezioni vietato dall’art. 67, quarto comma, disp. att. c.c. (“all’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea”).

La norma prevede un divieto per l’amministratore la cui portata abbraccia ogni tipo di riunione assembleare.

Ne consegue che l’amministratore, indipendentemente dagli argomenti posti all’ordine del giorno dell’adunanza assembleare, dovrà inderogabilmente astenersi dal farsi rilasciare deleghe da uno o più condomini al fine di intervenire ed esprimere come delegato il voto in assemblea.

Il discorso riguarda anche le deleghe che non sono state ricevute dalla società amministratrice del condominio ma da soggetti che all’interno di quella società rivestono comunque un ruolo di amministrazione attiva (Trib. Pordenone 3 agosto 2016, n. 487).

Non sussiste, invece, un espresso divieto di conferire una delega al socio accomandante in quanto, generalmente, lo stesso non ha compiti di amministrazione.

Delega all’amministratore: conseguenze

La norma – che è di carattere inderogabile (non può essere modificata neppure da una clausola di natura contrattuale del regolamento di condominio) – pone un divieto assoluto, eliminando in radice una questione di estrema rilevanza, cioè quella di accertare, ai fini dell’eventuale impugnazione, caso per caso, avuto riguardo all’oggetto della delibera assembleare, se l’amministratore, in veste di rappresentante, possa o meno trovarsi, in sede di intervento e voto in assemblea, in una posizione di conflitto di interessi con il condominio amministratoSe il divieto è violato, la relativa delibera è annullabile e impugnabile ai sensi dell’articolo 1137 c.c.

Il condomino che agisce per l’annullamento dovrà, però, dimostrare che la delibera è stata illegittimamente votata dall’amministratore e tale voto è stato determinante per l’approvazione. Non è più necessario, invece, dimostrare la situazione di conflitto, in quando l’invalidità è legata esclusivamente alla violazione del divieto di delega.

Divieto di delega e condomino-amministratore

Il divieto assoluto di delega vale anche quando l’amministratore è condomino del caseggiato che gestisce, poiché non si comprenderebbe affatto per quale motivo il possesso accidentale, anche di una tale qualità, risulti idoneo a rimuovere, in capo all’amministratore medesimo, le ragioni di incompatibilità (e di “prevenzione”).

Tale conclusione tiene conto del fatto che l’amministratore – che tiene la contabilità annuale, esegue le delibere assembleari, riscuote i contributi ed eroga le spese per la manutenzione ordinaria delle cose comuni e i servizi comuni, disciplinando l’uso delle une e degli altri, e, infine, compie gli atti conservativi delle parti comuni dell’edificio – qualora votasse nelle stesse assemblee che lo controllano alle quali deve rispondere del proprio operato – si verrebbe, anche solo potenzialmente, a trovare in una situazione di conflitto.

Delega al collaboratore dell’amministratore

Alla luce della normativa precedente viene da domandarsi se è possibile o meno conferire la delega ad un collaboratore dell’amministratore, in quanto data l’oggettiva condizione di subordinazione del delegato, potrebbe rivelarsi nulla e, quindi, improduttiva di effetti in quanto conferita “in frode alla legge”.

Tuttavia, in mancanza di prove, non può farsi discendere l’esistenza di un conflitto di interessi dal solo rapporto di collaborazione tra un delegato e l’amministratore. Bisogna provare che i deleganti non sono a conoscenza dell’asserito conflitto di interessi.

Bisogna provare pure come l’asserito conflitto di interessi o la sua mancata conoscenza abbiano reso invalido il rapporto tra delegato e deleganti.

In ogni caso è onere di colui che impugna la delibera per l’esistenza di un conflitto fornire la c.d. prova di resistenza, ovvero che la decisione sarebbe stata diversa escludendo il voto del soggetto in conflitto (Cass., sez. II, 11/02/2019, n. 3925).

Si deve tenere conto in particolare che in tema di condominio, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell’intero edificio, sia ai fini del “quorum” costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (e non debbono) astenersi dall’esercitare il diritto di voto.

Delega alla moglie dell’amministratore

Un’altra situazione da considerare è quella dell’amministratore condomino che viene rappresentato in assemblea dal coniuge. In tal caso non si può escludere un conflitto di interessi, situazione che si può verificare se il coniuge vota a favore dell’approvazione del rendiconto e del rinnovo della carica dell’amministratore.

Certo il conflitto di interesse deve essere valutato in concreto, non essendo ammissibile una valutazione generica ed astratta del conflitto; in ogni caso il conflitto potrebbe sussistere solo per voto espresso dalla moglie per l’unità immobiliare dell’amministratore. Non è però possibile impedire alla moglie dell’amministratore di ricevere deleghe da altri partecipanti al condominio.

Il conflitto di interessi sussiste ogni volta in cui sia in concreto individuabile, una sicura divergenza tra le ragioni personali del condomino e quelle del condominio.

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