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Per agganciare manufatti al sottobalcone devo sempre chiedere al proprietario del balcone aggettante?

I balconi incassati non sporgono rispetto alla facciata dello stabile, ma sono posti all’interno del perimetro esterno dell’edificio, inseriti nella sua struttura portante e non si protendono autonomamente nel vuoto.

Ciò comporta, in linea generale, l’assoggettabilità della soletta dei balconi “incassati” alla disciplina dettata dall’art. 1125 c.c. per i solai: infatti entrambe le strutture fungono da sostegno del piano superiore e copertura del piano inferiore

I balconi “aggettanti” non soddisfano una utilità comune a due piani e non svolgono neppure una funzione a vantaggio di un condomino diverso dal proprietario del piano. La soletta, perciò, non può considerarsi di proprietà comune dei proprietari di piani sovrapposti, ma rientra nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono.

Questi concetti sono utili per comprendere il principio espresso dalla sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 2884 del 20 giugno 2023.

Per agganciare manufatti al sottobalcone devo sempre chiedere al proprietario del balcone aggettante? Fatto e decisione

Un condomino titolare di un appartamento con balcone non riteneva legittimo il comportamento dei comproprietari dell’appartamento sottostante che avevano ancorato all’intradosso del predetto balcone un divisorio e una tubazione di adduzione idrica al servizio della loro proprietà.

Lo stesso condomino riteneva che tali manufatti avessero deturpato l’estetica del fabbricato, violando la sua proprietà e anche una clausola del regolamento condominiale (che inibiva ai condomini di alterare le facciate dei fabbricati, di piantare chiodi o altro nei pilastri, nei soffitti e nelle travi).

Alla luce di quanto sopra e di una CTU espletata in sede di ATP, chiedeva al Tribunale che fosse accertata e dichiarata l’intervenuta violazione della sua proprietà, nonché del regolamento condominiale del fabbricato e, per l’effetto, che i convenuti fossero condannati all’immediata rimozione della tubazione e del divisorio o, quantomeno, al distacco dalla sua proprietà, nonché al ripristino dello stato dei luoghi per quanto concerneva il suo sottobalcone o, quantomeno, al versamento in suo favore dell’importo necessario al detto ripristino.

Il Tribunale, anche sulla scorta della detta CTU, accertava l’intervenuta violazione della proprietà del ricorrente, nonché del regolamento condominiale e condannava i convenuti in solido tra loro, all’immediata rimozione della tubazione e del divisorio e al ripristino a perfetta regola d’arte del sottobalcone.

I soccombenti si rivolgevano alla Corte di Appello, rilevando, tra l’altro, come il proprietario della balcone superiore non avesse, di fatto, il materiale possesso del proprio sottobalcone al quale avrebbe potuto accedere solo dall’esterno del fabbricato o dall’appartamento al piano inferiore; di conseguenza ritenevano che, quale effettivi possessori dell’intradosso, potessero acquisire ogni attingibile utilità della facciata rivolta unicamente al proprio appartamento senza problemi di statica o estetica del caseggiato.

In ogni caso consideravano le opere in questione di una tale esiguità da non poter assolutamente configurare l’ipotesi dell’alterazione della facciata del fabbricato, costituendo normale esercizio del diritto di usare la cosa comune, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1102 c.c.

La Corte di Appello ha dato torto ai proprietari dell’appartamento sottostante. Secondo i giudici di secondo grado la proprietà del balcone aggettante in capo al proprietario soprastante esclude, in mancanza della prova di titoli costitutivi di diritti in capo ai condomini sottostanti (ad esempio, una servitù di appoggio), che gli stessi possano agganciare il divisorio e la tubazione all’intradosso del detto balcone.

Per la stessa Corte è stato pienamente legittimo l’ordine impartito dal primo giudice ai convenuti di rimuovere (nel senso di sganciare) tali manufatti dalla parte sottostante di balcone e di ripristinare lo stato di tale balcone preesistente all’ancoraggio degli stessi.

Considerazioni conclusive

Un balcone può definirsi “aggettante” se sporge rispetto alla facciata dello stabile, costituendo così il prolungamento della corrispondente unità immobiliare; tale manufatto si protende nel vuoto senza essere compreso nella struttura portante verticale dell’edificio; di conseguenza tale balcone ha autonomia statica in quanto agganciato esclusivamente al solaio interno.

I balconi aggettanti, costituendo un “prolungamento” della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa, non assolvendo ad alcuna funzione di sostegno/copertura, (Cass. civ., sez. II, 02/03/2018, n. 5014; Cass. civ., ez. II, 02/02/2016, n. 1990; cfr. anche). L’art. 1125 c.c., quindi, non trova applicazione nel caso di balconi aggettanti.

Ne consegue che il proprietario dell’appartamento sito al piano inferiore non può agganciare le tende (o altro manufatto) alla soletta del balcone aggettante sovrastante, se non con il consenso del proprietario dell’appartamento sovrastante (Cass. civ., Sez. II, 17/07/2007, n. 15913). Questa conclusione non è sempre valida.

Si ritengono beni comuni talune parti del balcone che, esprimendo una valenza decorativa, influiscono sull′intero assetto estetico dello stabile; in altre parole i rivestimenti e gli elementi decorativi inferiore si devono considerare beni comuni a tutti i condomini, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole.

In tal caso l′autorizzazione al fissaggio di manufatti al sottobalcone andrà richiesta alla compagine condominiale e non al proprietario del balcone soprastante.

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