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Installare un’antenna parabolica sul balcone a servizio esclusivo della propria unità privata. Abuso o diritto?

Inutile negarlo: l’emergenza pandemica del Coronavirus con le estese, prolungate ma necessarie limitazioni che ne sono conseguite e che stanno protraendosi, ha riportato il vituperato ambiente domestico al centro preponderante della nostra quotidianità; da un lato allontanando le frenesie della normalità proprie dell’epoca a.C. (ante-Covid), dall’altro segnando inevitabilmente e con tratti profondissimi, con molta probabilità in modo irreversibile, le abitudini di tutti noi.

In un periodo in cui la limitazione negli spostamenti allo stretto indispensabile è diventato una necessità prima ancora che un dovere e le nostre abitazioni sono così tornate ad essere super-abitate, come e più di quanto avremmo potuto immaginare sino a qualche settimana fa, ci si accorge come non mai, per chi ha la fortuna di potersene giovare, dell’ausilio offerto dall’intrattenimento casalingo della tecnologia e anche dei servizi audiovisivi a pagamento.

Il nuovo articolo 1122-bis codice civile e il Codice delle comunicazioni elettroniche.

L’installazione di antenne paraboliche ad uso privato sui balconi di proprietà ha rappresentato per molto tempo argomento oggetto di frequenti liti e frizioni in ambito condominiale, spesso sfociate in giudizio.

Ed è presumibile che continuerà ad esserlo, nonostante la L.122/2012 abbia introdotto nel codice civile l’art.1122-bis con l’intento specifico di deflazionare quanto più possibile il ricorso al Giudice su tale materia.

Il primo comma dell’articolo in questione sancisce che “le installazioni di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva… anche da satellite o via cavo… sono realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni… preservando in ogni caso il decoro architettonico dell’edificio.

Il modo in cui il legislatore ha affrontato la materia non appare tra i più incisivi, né sembra dotato della effettiva capacità di risolvere con certezza anticipatoria i conflitti che possono sorgono dalla questione “antenna parabolica”.

Andando per gradi: tanto per cominciare l’art.1122-bis cod. civ. non rientra nel novero operato dall’art.1138 comma 4 cod. civ. e pertanto, in quanto articolo derogabile del codice, ben può essere superato da diversa disciplina contenuta in un regolamento condominiale di natura contrattuale che ne vieti espressamente l’installazione sui balconi.

Se non fosse, però, che al di fuori dei confini del codice civile ed in particolare l’art.209 del D.Lgs. 259/2003 (cosiddetto “Codice delle comunicazioni elettroniche”) preveda che “i proprietari di immobili o di porzioni di immobili non possono opporsi alla installazione sulla loro proprietà di antenne appartenenti agli abitanti dell’immobile stesso destinate alla ricezione dei servizi di radiodiffusione” e l’art.91 del medesimo D.Lgs. specifichi che “il proprietario od il condominio non può opporsi all’appoggio di antenne, di sostegni, nonché al passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro impianto, nell’immobile di sua proprietà occorrente per soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o dei condomini”.

Problema risolto, dunque. Affatto! Perché il D.Lgs. giustamente specifica ai medesimi articoli 91 e 209 su richiamati anche che antenne, relativi sostegni, cavi ed accessori non devono in alcun modo impedire il libero uso della proprietà, secondo la sua destinazionené arrecare danno alla proprietà medesima od a terzi.

Il decoro architettonico.

Di fatto siamo quindi tornati, attraverso un circuito normativo, paradossalmente al punto iniziale. Quando può arrecarsi un danno agli altri condomini, considerata la destinazione del fabbricato? Ad esempio e di per certo allorché l’installazione possa contribuire a pregiudicarne il proprio decoro architettonico.

E chi può mai definire in maniera certa ed inossidabile i casi nei quali tale decoro possa ritenersi compromesso? Forse è impossibile in astratto, tanto che la risposta al quesito a questo punto diventa chiara: in assenza di specifiche indicazioni ricavabili dal regolamento condominiale, soltanto l’autorità del Giudice può valutarlo caso per caso.

La valutazione operata dal Giudice sul decoro architettonico e sul divieto di eseguire opere all’interno del proprio appartamento, peraltro, è insindacabile in sede di legittimità se sufficientemente motivata (vedi, tra le altre, Cass. Civ. n. 20248/2016). Ne consegue che ciascun caso, come si diceva, debba essere valutato singolarmente e singolarmente risolto.

Considerazioni conclusive sull’installazione di impianti autonomi sui balconi privati.

Attingendo alla pratica normativa, quindi, può affermarsi che la legge riconosce il diritto del singolo condomino alla installazione sul proprio balcone di impianti parabolici individuali satellitari o via cavo per la ricezione radio-televisiva, escludendo espressamente la necessità di un preventivo assenso dell’assemblea.

Salvo l’obbligo di arrecare il minor pregiudizio possibile alle parti comuni, agli immobili di proprietà di altri condomini, nonché preservando il decoro dell’edificio.

Esaminando la correlata giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, poi, possiamo affermare che anche da essa derivi pressoché unanimemente confermato il riconoscimento della libertà d’installazione di antenne o parabole e la conseguente impossibilità di opporsi da parte dell’assemblea condominiale, sempre nei limiti imposti dalla legge.

E ancor più nel dettaglio, nemmeno l’eventuale presenza in condominio di un impianto di ricezione centralizzato è d’ostacolo al singolo proprietario di procedere all’installazione di uno individuale sul proprio balcone.

Ciò sul presupposto, sollevato da alcuni, per cui tale diritto troverebbe perfino un appoggio di rango costituzionale nell’art.21 Cost. che garantendo la libera manifestazione del pensiero con ogni mezzo di diffusione, di riflesso, tutelerebbe come parimenti primario anche quello ad informarsi.

In definitiva, possiamo affermare che soltanto un regolamento condominiale di natura contrattuale può adeguatamente operare in via preventiva limitando o ampliando le facoltà riconosciute dalla legge al singolo condomino.

(Cassazione civile, sez. II, sentenza 7 ottobre 2016, n. 20248)

 

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