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Finestra sul muro comune: quando è legittima?

Ci occupiamo oggi della problematica relativa all’apertura di finestre e varchi (porte, etc.) sui muri di proprietà di tutti i condòmini, tema molto spesso oggetto di contenzioso tra il condòmino che ha eseguito la modifica e l’apertura e gli altri.

Cosa intendiamo con ‘muro comune’

L’art1117 c.c. che elenca i beni ed i servizi che, salvo titolo contrario (iniziale atto di vendita con riserva di proprietà ad uno o alcuni condòmini, Regolamento accettato da tutti gli iniziali proprietari con riserva di proprietà similare), devono presumersi comuni, fa menzione unicamente dei «muri maestri», espressione con la quale intendiamo i muri portanti, ovvero quelle strutture, sia interne che esterne, che costituiscono lo ‘scheletro’ dell’edificio e senza i quali lo stesso non potrebbe sostenersi.

I muri esterni, siano essi portanti o meno, hanno anche altra funzione, in virtù della quale prendono il nome di muri perimetrali, cioè quella di circoscrivere la proprietà del palazzo e separarla rispetto alle altre proprietà (altro Condominio o altro privato o area pubblica).

La giurisprudenza ha ritenuto la nozione di muro perimetrale applicabile anche ai muri degli edifici in cemento armato, laddove si tratti di rivestimento o riempimento, quando questi separano l’edificio rispetto ad altro edificio condominiale costruito in aderenza al primo; lo stesso per la facciata di prospetto del palazzo, perché si tratta di elemento essenziale, ai sensi dell’art. 1117 c.c., all’esistenza stessa dell’edificio.

Anche il muro di contenimento di un giardino privato, che appartenga ad un condòmino, ma che abbia la funzione di confine tra la proprietà privata e quella condominiale, assume la qualifica di muro perimetrale e quindi essenziale per l’esistenza del Condominio.

Precisate le funzioni principali del muro comune, vediamo se e come i condòmini possono utilizzarlo al di là di esse.

Con ciò intendiamo verificare se i condòmini possano fare del muro comune un uso diverso da quello collettivamente inteso, cioè di protezione dell’edificio, delimitazione della proprietà e sostegno alla struttura.

La risposta è positiva: i condòmini possono utilizzare il muro comune per usi diversi da quelli appena elencati.

Ad esempio, aprendo varchi o finestre.

In base a quale norma? L’art. 1102 c.c., norma dettata per la comunione (ovvero, la comproprietà su beni immobili, per quello che ci interessa qui) che diviene applicabile alla materia condominiale, in difetto di altra disposizione specifica, in virtù del rinvio di cui all’art1139 c.c.

L’art. 1102 c.c. prevede che il comunista – nel nostro caso, il condòmino – possa servirsi della cosa comune, apportando anche modifiche, a sue spese, laddove necessarie al migliore godimento della cosa: sussistono però dei limiti.

La stessa norma dispone che il comunista / condòmino non alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di fare un ‘pari uso’ secondo il loro diritto.

Inoltre, facendo applicazione degli artt. 1120 e 1122 c.c., applicabili a contesti parzialmente diversi, ma aventi carattere generale per quanto riguarda la tutela della proprietà collettiva dei condòmini, colui che intende sfruttare la possibilità data dall’art. 1102 c.c. deve anche evitare di arrecare pregiudizio alla cosa comune che va a modificare a suo uso, evitare di pregiudicare stabilità, sicurezza e decoro dello stabile, evitare di rendere la cosa inservibile all’uso anche di un solo condòmino.

Infatti, se le norme citate sono poste come vincolo al potere dell’Assemblea di disporre innovazioni su beni e servizi comuni (art. 1120 c.c.) oppure al potere del singolo di compiere opere o attività sulle parti di proprietà esclusiva o sulle parti comuni assegnate a lui in uso esclusivo (art. 1122 c.c.), a maggior ragione esse devono trovare applicazione quando a disporre le modifiche è il semplice privato, e non l’Assemblea, nonché quando le modifiche sono compiute su bene comune, non privato o in assegnazione al singolo.

Apertura di finestre: quando e come eseguirla

Laddove, pertanto, il nostro condòmino intenda aprire una (ulteriore) finestra nel muro comune, onde ottenere maggiore luce e aria nel proprio appartamento o locale, dovrà seguire le regole dettate dalla giurisprudenza, almeno sino ad oggi.

Primo: l’apertura di finestra non deve alterare l’entità materiale del muro comune, né modificarne la destinazione. E, rispetto a questo punto, il condòmino è fortunato, perché la giurisprudenza qualifica l’apertura di finestra come opera che, di per sé, non integra alterazione dell’entità materiale o della destinazione del muro e la qualifica come lecita modifica della cosa comune ai sensi dell’art. 1102 c.c.

Secondo: l’apertura di finestra non deve pregiudicare stabilità e decoro architettonico dell’edificio o menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori; pertanto, il condòmino dovrà assicurarsi la collaborazione di un tecnico esperto della materia (rammentiamo che, per quanto concerne la stabilità degli edifici, ci si dovrebbe rivolgere al professionista che abbia la qualifica di ingegnere strutturista) che verifichi che la finestra che si desidera aprire non comporti tali pregiudizi all’edificio ed ai condòmini sottostanti.

Terzo: l’apertura della finestra è possibile solamente laddove la medesima sia a vantaggio di un immobile situato nel Condominio; infatti, qualora la finestra dovesse essere asservita, cioè funzionale, ad un immobile che non fa parte del Condominio, allora detta apertura sarebbe illegittima perché creerebbe di fatto una servitù a carico degli altri condòmini, in quanto tale illecita perché non si tratta di peso che può essere imposto dal singolo condòmino a danno degli altri, ma va, semmai, da costoro accettato (ovviamente, tutti gli altri condòmini dovranno accettare per iscritto l’imposizione della servitù creata dalla finestra).

Nella prassi, è più sovente l’apertura di un varco (porta) che collega un immobile di proprietà del condòmino ad altro immobile, situato al di fuori del muro perimetrale e non facente parte del Condominio, sebbene di proprietà dello stesso condòmino, circostanza parimenti sanzionata dalla Cassazione come illegittima imposizione di servitù sul bene comune ad opera del singolo (da ultimo, così Cassaz., sentenza 11 dicembre 2019, n. 32437).

Infine, raccomandiamo sempre di porre molta attenzione ai Regolamenti condominiali ed a quanto in essi disposto, specialmente laddove si tratti di Regolamenti di fonte contrattuale, cioè accettati dagli originari proprietari, trascritti unitamente all’acquisto dell’immobile e conosciuti o conoscibili dai successivi proprietari ed aventi – causa, perché potrebbero esservi contenute disposizioni circa il decoro architettonico o le modifiche che i condòmini si sono obbligati ad apportare o si sono vincolati a non eseguire, così da evitare pesanti condanne ed ordini di demolizione.

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